Riforma del processo tributario: pubblicata in GU la Legge 31 agosto 2022, n. 130
Area di attività: Diritto tributario
La Legge 31 agosto 2022 n. 130, recante disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 204.
La riforma riguarda, tra gli altri:
La riforma, salvo quanto previsto dalle singole disposizioni ivi contenute, entrerà in vigore dal 16 settembre 2022.
Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021: pubblicata in GU la Legge 5 agosto, n. 118
Area di attività: Diritto fallimentare
La Legge 5 agosto 2022 n. 118, recante la Legge annuale per il mercato e la concorrenza., è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 188.
La Legge punta a:
Di particolare interesse quanto previsto dall’articolo 29, in materia di abbreviazione dei termini della comunicazione unica per la nascita dell’impresa.
La Legge entrerà in vigore dal 27 agosto 2022, ad eccezione dell'art. 31 (in vigore a partire dall'1 gennaio 2023.
Riduzione del capitale sociale per perdite inferiori a un terzo
Area di attività: Diritto societario
Il Consiglio Notarile di Milano ha pubblicato la Massima n. 203 del 5 luglio 2022 in materia di riduzione del capitale sociale per perdite inferiori a un terzo ai sensi degli artt. 2446 e 2482-bis c.c.
In attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 58 della Direttiva UE (2017/1132/UE), che impone agli Stati membri di rendere obbligatoria la convocazione dell’assemblea in caso di “perdita grave”, lasciando ampia libertà sulla relativa definizione e non indicando i provvedimenti da adottare, l’ordinamento italiano, agli artt. 2446 e 2447 c.c. (per le s.p.a.) e 2482-bis e 2482-ter c.c. (per le s.r.l.), ha fissato la soglia di “gravità” delle perdite a un terzo del capitale e ha predisposto regole nel solo caso di perdite eccedenti tale limite.
La massima affronta alcuni degli interrogativi che si pongono allorché la misura delle perdite sia inferiore a un terzo del capitale sociale. In tali circostanze, infatti, la riduzione del capitale per perdite non è regolata da alcuna norma. Il Consiglio notarile di Milano ritiene, in questo caso, inapplicabili le norme previste in tema di riduzione c.d. “reale” del capitale sociale (artt. 2445 e 2482 c.c.).
Codice della Crisi d'Impresa e recepimento della Direttiva Insolvency: il commento dell'avv. Francavilla, Of Counsel di NOMOS - Studio Legale e Tributario
Area di attività: Diritto fallimentare
Il 15.07.2022 è entrato in vigore il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza.
Il percorso fino all’entrata in vigore non è stato di certo semplice, sia per la pandemia, che di certo ha generato molte situazioni di crisi anche tra coloro che avevano un business redditizio, sia per le necessità di integrare la normativa con le disposizioni europee, in particolare la Direttiva Insolvency.
L’intervento di riforma del codice, così come originariamente pensato, è stato affidato alla Commissione Pagni, la quale da un lato ha introdotto la composizione negoziata, strumento utile a superare le situazioni di crisi prima che si sfoci in una vera e propria procedura concorsuale, dall’altro ha segnato l’abbandono del sistema di allerta, giudicato forse troppo invasivo. Con il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, poi, viene definitivamente espunto uno strumento molto utilizzato (forse se ne è anche abusato) ossia il concordato in bianco.
Oggi, per consentire all’imprenditore ed ai professionisti nominati di avere un margine per poter valutare eventuali accordi con i creditori ed impedire che le ragioni del singolo possano determinare il mancato raggiungimento di un piano che coinvolga tutti gli interessi coinvolto, sono state introdotte le misure protettive di cui all’art. 54, già note nella composizione negoziata entrata in vigore con qualche mese di anticipo. Altro elemento caratterizzante ed interessante del codice della crisi è rappresentato dal desiderio di disciplinare, in modo unitario, tutte le procedure concorsuali e, quindi, anche il Sovraindebitamento - prima destinato ad una legge ad hoc , per il vero forse troppo poco conosciuta ed utilizzata - oggi trova ingresso in un “sistema” volto a consentire all’indebitato in genere di superare la situazione di crisi o di insolvenza con uno dei tanti strumenti a sua disposizione.
Come sempre, a mio avviso, la riuscita o meno del codice sarà direttamente collegata alla preparazione dei professionisti, che dovranno districarsi tra le molteplici procedure, consigliando al meglio il cliente, ma soprattutto ad un cambiamento nella mentalità degli imprenditori che dovranno rivolgersi agli esperti appena ravvisino sintomi di crisi e non quando si può solo “portare i libri in tribunale”.
Riforma del processo civile: le disposizioni in vigore dal 22 giugno 2022
Area di attività: Procedura civile
Il 22 giugno 2022 il Parlamento ha approvato la legge n. 206 del 2021, che prevede una delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie nonché una serie di misure urgenti per la razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e in materia di esecuzione forzata.
Codice della Crisi d'Impresa e recepimento della Direttiva Insolvency
Area di attività: Diritto fallimentare
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 152 del 1° luglio 2022 il D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83 recante modifiche al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza).
Le nuove norme si applicano ai ricorsi di debitori e creditori a partire dal 15 luglio 2022.
Decreto Legge 17 maggio 2022, n.50 (Decreto Aiuti)
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 114 del 17 maggio 2022 il D.L. n. 50/2022, cosiddetto Decreto Aiuti, recante “Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi Ucraina”.
Alcune delle novità introdotte:
Uso indebito della carta aziendale, la transazione non fa scattare la bancarotta riparata
Area di attività: Diritto penale - reati societari
Un Tribunale lombardo dichiarava responsabile un componente di un consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata, per il reato di bancarotta fraudolenta, a seguito dell'utilizzo illecito della carta di credito aziendale per scopi diversi all'attività di impresa.
Avverso la decisione della Corte d'Appello di Milano, l'imputato proponeva ricorso per Cassazione. Il ricorso è stato rigettato.
Nel caso in esame, i giudici di secondo grado avevano escluso che alla transazione con la quale il ricorrente aveva rinunciato all'indennità di buona uscita e ad altre voci stipendiali fossero associabili gli effetti della c.d. bancarotta riparata, in quanto aveva rinunciato a quelle pretese, ma non aveva restituito i beni distratti prima della dichiarazione di fallimento.
Si ricorda infatti, che «la bancarotta riparata si configura, determinando l'insussistenza dell'elemento materiale del reato, quando la sottrazione dei beni venga annullata da un'attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell'impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio per i creditori o anche solo la potenzialità di un danno».
La Corte d'Appello, quindi, non aveva fatto buon governo dei principi richiamati, sottraendosi alla necessaria valutazione in ordine alla fondatezza delle "pretese" e all'individuazione dell'entità delle spettanze dell'imputato e, dunque, delle somme risparmiate dalla società e dalla procedura fallimentare in virtù dell'accordo transattivo.
Specifica infatti il Collegio, che «i prelievi delle somme e l'utilizzo della carta di credito aziendale non sono messi in discussione dal ricorrente, il quale esclude invece che gli stessi configurino distrazione per la sostanziale restituzione delle somme».
Ancora, la Corte di Cassazione sottolinea che «una restituzione siffatta è rilevante (si parla in proposito di bancarotta "riparata") nel momento in cui la sottrazione dei beni venga annullata da un'attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell'impresa prima della dichiarazione di fallimento ed impedisca l'insorgenza di alcun effettivo pregiudizio per i creditori» (Cass. n. 3622/2006, n. 8402/2011 e n. 4790/2015).
Nel caso in esame, poi, in ragione della rilevanza degli importi, può ragionevolmente affermarsi che tali atti distrattivi hanno avuto ripercussioni negative per la garanzia dei creditori.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.
Liquidazione delle spese e fase sommaria dell’opposizione all’esecuzione
Area di attività: Procedura civile
In tema di opposizione all'esecuzione iniziata ex art. 615, comma 2, c.p.c. qualora il giudice dell'esecuzione non liquidi le spese della fase sommaria con l'ordinanza con cui provvede sulla sospensione, costituisce onere della parte vittoriosa, che abbia interesse alla relativa liquidazione, instaurare lo stesso giudizio di merito o, in alternativa, avanzare istanza di integrazione dell'ordinanza stessa, ai sensi dell'art. 289 c.p.c., prima della scadenza del termine di cui all'art. 616 c.p.c., anche allo scopo di garantire alle altre parti (previa eventuale loro rimessione in termini, ove occorra) la possibilità di contestare la liquidazione nell'ambito della fase di merito dell'opposizione; ne deriva che, in caso di inerzia della parte vittoriosa, dette spese non sono più ripetibili ne altrimenti liquidabili.
La mancanza di scritture contabili non è sufficiente a giustificare la condanna dell’amministratore di una società
Area di attività: Diritto fallimentare
La mancanza di scritture contabili, ovvero la sommarietà di redazione di esse o la loro inintelligibilità, non è in sé sufficiente a giustificare la condanna dell'amministratore in conseguenza dell'impedimento frapposto alla prova occorrente ai fini del nesso rispetto ai fatti causativi del dissesto. Essa presuppone, invece, per essere valorizzata in chiave risarcitoria nel contesto di una liquidazione equitativa, che sia comunque previamente assolto l'onere della prova circa la l'esistenza di condotte per lo meno astrattamente causative di un danno patrimoniale; sicché il criterio del deficit fallimentare resta sì applicabile, ma soltanto come criterio equitativo, per l'ipotesi di impossibilità di quantificare esattamente il danno in conseguenza dell'affermazione di esistenza della prova - almeno presuntiva - di condotte di tal genere.
Antitrust: la Commissione europea ha adottato il nuovo regolamento di esenzione per categoria relativo ai VBER
La Commissione europea ha adottato il nuovo regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi verticali, i cosiddetti VBER, ossia quegli accordi tra due o più imprese operanti a livelli diversi della catena di produzione o di distribuzione, che riguardano le condizioni alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi.
Il nuovo regolamento offre alle imprese norme e indicazioni più semplici, chiare e aggiornate, aiutandole a valutare la compatibilità dei loro accordi di fornitura e distribuzione con le norme dell'UE in materia di concorrenza. Le norme di cui al VBER sono state aggiornate per quanto riguarda, tra l'altro, la valutazione delle restrizioni online, degli accordi verticali nell'economia delle piattaforme e degli accordi che perseguono obiettivi di sostenibilità.
Nel dettaglio, le nuove norme:
Il VBER e gli orientamenti relativi agli accordi verticali riveduti entreranno in vigore l'1 giugno 2022.
Leggi qui il comunicato stampa della Commissione europea.
Qui è disponibile una nota esplicativa che accompagna le norme rivedute.
La DG Concorrenza ha dedicato una pagina web all'argomento.
Fallimento: l’indicazione del titolo della prelazione deve essere verificata dal giudice
Area di attività: Diritto fallimentare
Alcuni ricorrenti deducono in giudizio la violazione delle norme in materia di processo fallimentare e in tema di violazione delle prove, in quanto il Tribunale aveva ritenuto che non fosse stato esposto in modo specifico il titolo del privilegio del credito.
La doglianza è fondata. Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di formazione dello stato passivo, «l'indicazione del titolo della prelazione e della descrizione del bene sul quale essa si esercita, se questa ha carattere speciale, sancita dall'art. 93, comma 3, n 4, l.fall. (nel testo novellato a seguito del d.lgs. n. 5/2006 e dal d.lgs. n. 169/2007), quale requisito eventuale dell'istanza di ammissione in privilegio, deve essere verificata dal giudice, tenuto conto del principio generale secondo cui l'oggetto della domanda si identifica sulla base delle complessive indicazioni contenute in quest'ultima e dei documenti alla stessa allegati» (Cass. n. 33008/2019, n. 25316/2019, n. 10990/2021).
Nel caso di specie, i ricorrenti hanno allegato l'inadempimento della fallita relativamente agli obblighi assunti con contratti preliminari trascritti, riportando sia il contenuto dell'istanza di insinuazione al passivo sia dell'opposizione della causa del credito.
In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro (Cass. n. 2480 del 2018).
Dunque la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che l'imprevedibilità dell'evento - quale elemento idoneo a rompere il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno - non va inteso in termini soggettivi ma oggettivi ponendosi cioè nell'ottica della causalità adeguata rispetto alla quale l'evento assuma, indipendentemente dalla colpa del custode, caratteristiche di inverosimiglianza. Quanto più il pericolo è suscettibile di essere previsto con l'adozione delle normali cautele, in un'ottica di auto-responsabilità, tanto più incidente è l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo fino alla rottura del nesso eziologico di cui all'art. 2051 c.c..
La Seconda sezione civile ha effettuato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, con la richiesta di chiarire se gli artt. 49 e 54 TFUE ostino a che uno Stato membro, in cui è stata originariamente costituita una società (nel caso di specie, una società a responsabilità limitata costituita in Italia), applichi alla stessa le disposizioni di diritto nazionale relative al funzionamento e alla gestione della società qualora quest’ultima, trasformata in un tipo sociale disciplinato dal diritto dello Stato membro di destinazione, nel quale abbia contestualmente trasferito la sede, mantenga il centro della sua attività nello Stato di origine e l’atto di gestione in questione incida in modo determinante sull’attività della società.
La Prima Sezione civile, intervenendo sulla complessa ed attuale tematica della liquidazione coatta amministrativa delle banche venete di cui al d.l. n. 99 del 2017, conv. con modif. dalla l. n. 212 del 2017, ha affermato che, per effetto del rinvio operato dall’art. 2 dell’evocato d.l. alle norme del TUB, le quali a loro volta rinviano (ex art. 80 nel testo pro tempore) alle disposizioni della legge fallimentare per quanto non diversamente disposto, l’ammissione dei crediti con riserva, anche nello stato passivo della liquidazione coatta amministrativa delle banche suddette, è configurabile entro i medesimi limiti operanti nella formazione dello stato passivo del fallimento; ne consegue che il giudizio di condanna instaurato dai risparmiatori contro una delle banche venete anzidette, prima dell’apertura della l.c.a., non diventa improcedibile all’esito di tale apertura, ove sia stata già pronunciata la sentenza di merito, in quanto, a norma dell’art. 96 l.fall., il creditore, sulla base della sentenza impugnata, deve essere ammesso al passivo con riserva, mentre il commissario, dal canto suo, può proseguire il giudizio nella fase di impugnazione.
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 4 del d.l. 137/2020, convertito in l. 176/2020, nella parte in cui sancisce l’inefficacia di «ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare» avente ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione, ossia fino al 25 dicembre 2020.
La norma censurata determina un’irragionevole disparità di trattamento (dunque in violazione dell’art. 3 della Costituzione) tra i creditori che hanno notificato il pignoramento sugli immobili adibiti ad abitazione principale del debitore tra il 25 ottobre e il 25 dicembre 2020, che subirebbero la «sanzione» dell’inefficacia dell’atto, ed i creditori che hanno notificato lo stesso in una data precedente o successiva a quelle indicate.
Assume, inoltre, il giudice a quo la violazione dell’art. 24 Cost., in quanto l’impossibilità, nel predetto periodo, di pignorare l’abitazione del debitore pregiudica la garanzia del credito, atteso che non si produrrebbe l’inefficacia, nei confronti del creditore procedente e dei creditori intervenuti, degli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento quale prevista dall’art. 2913 del codice civile.
La norma censurata viola, inoltre, l’art. 3 Cost., poiché, allo scopo di tutelare il diritto di abitazione del debitore esecutato, contempla una conseguenza eccessivamente pregiudizievole per il creditore, che non si pone in necessaria correlazione con siffatta finalità di tutela.
Infatti, il predetto diritto, certamente meritevole di speciale protezione, costituendo esso un «diritto sociale» incluso nel catalogo dei diritti inviolabili, per un verso non viene meno per effetto della sola apposizione del vincolo del pignoramento e, per l’altro, era già adeguatamente tutelato, nello stesso periodo, dalla proroga della sospensione delle relative procedure esecutive, oltre che dalla sospensione dell’esecuzione dell’ordine di rilascio dell’immobile.
Il bilanciamento tra i diritti coinvolti è stato così operato dal legislatore, che pure gode in questa materia di ampia discrezionalità, in maniera manifestamente irragionevole, con la previsione, in danno del creditore, di una sanzione processuale (l’inefficacia di «ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare») che, rispetto alla finalità perseguita, comprime il diritto del creditore procedente in misura eccessiva.
Imprese energivore di interesse strategico: fino al 31 dicembre 2022, le garanzie emesse da SACE S.p.A. in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, che assistono finanziamenti concessi sotto qualsiasi forma ad imprese che gestiscono stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale individuati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, coprono il 90% dell'importo del finanziamento concesso. Analoga garanzia è concessa per il finanziamento di operazioni di acquisto e riattivazione di impianti dismessi situati il territorio nazionale per la produzione di ghisa destinata all’industria siderurgica. Inoltre, fino a 150 milioni di euro sono destinati a progetti di decarbonizzazione del ciclo produttivo dell’acciaio presso lo stabilimento siderurgico di Taranto, proposti anche dal gestore dello stabilimento stesso ed attuati dall’organo commissariale di ILVA S.p.A., che può avvalersi di organismi in house dello Stato.
Il decreto interviene, tra l’altro, per rafforzare la disciplina del controllo degli investimenti stranieri in Italia, finalizzata all’esercizio dei poteri speciali spettanti al Governo (c.d. “golden power”), alla luce dell’accresciuta strategicità di alcuni settori e della necessità di potenziare le strutture amministrative coinvolte.
Tra le misure introdotte, si segnalano le seguenti:
Revocabilità del pagamento eseguito dal debitore successivamente fallito - Pegno
Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, Sentenza 16 febbraio 2022, n. 5049
Area di attività: Procedure concorsuali
Sui poteri della Corte di Cassazione in caso di violazione della disciplina della cosa giudicata nei giudizi di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi
Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, Sentenza 21 febbraio 2022, n. 5633
Aree di attività: Diritto processuale civile
Corte di Cassazione, V sez., Ordinanza interlocutoria 11 febbraio 2022, n. 4526
Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, Sentenza 16 febbraio 2022, n. 5049
Il Decreto Sostegni Ter
Il terzo Decreto Sostegni (D.L. n. 4 del 27 gennaio 2022) recante “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico” ha introdotto, tra l’altro, importanti modifiche alla disciplina dei crediti d’imposta da bonus edilizi.
Area di attività: Diritto tributario
Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, Sentenza 01 febbraio 2022, n. 3086
Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, Sentenza 26 gennaio 2022, n. 2258
Fideiussioni schema ABI: l’attesa sentenza delle Sezioni Unite
Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, Sentenza 30 dicembre 2021, n. 41994
Area di attività: Diritto bancario
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Concordato preventivo: il credito del professionista è prededucibile nel successivo fallimento
Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, Sentenza 31 dicembre 2021, n. 42093
Aree di attività: Fallimento e procedure concorsuali
Alessandra Francesca Giganti – Junior Associate Nomos – Studio Legale e Tributario
Cassazione Civile, Sez. Unite, 30 luglio 2021, n. 21970 – Pres. Spirito, Rel. Nazzicone
Nell’ambito di una fusione per incorporazione, la società incorporata si estingue e, di conseguenza, non può avviare un giudizio in persona del suo ex amministratore, potendo, tuttavia, la società incorporante, spiegare intervento in corso di causa, ai sensi dell’art. 105 cod. proc. civ., nel rispetto delle regole che lo disciplinano.
Il suesposto principio di diritto è contenuto nella sentenza indicata in oggetto e si pone in contrasto con un precedente orientamento delle stesse Sezioni Unite in materia (Cass. Civ., Sez. Unite, n. 2637/2006), le quali, anche a seguito della riforma introdotta dal D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, escludevano che la fusione per incorporazione determinasse l’interruzione del processo ex art. 300 cod. proc. civ.
La decisione degli Ermellini del 2006 è stata poi confermata da diverse pronunce, le quali, in argomento, hanno richiamato la vicenda dell’incorporazione come “meramente evolutivo-modificativa”, escludendo, dunque, l’effetto successorio ed estintivo (cfr. Cass. Civ., n. 18188/2016).
Nel caso esaminato dalle Sezioni Unite del 2021, una società a responsabilità limitata, già cancellata dal registro delle imprese in quanto oggetto di fusione per incorporazione in un’altra società a responsabilità limitata, agiva in giudizio al fine di ottenere l’accertamento della simulazione ovvero, in subordine, la revoca ex art. 2901 cod. civ. di due successivi contratti di compravendita.
Il Giudice di prime cure accoglieva la domanda avanzata dalla società incorporata, riconoscendone, dunque, preliminarmente la legittimazione ad agire.
In sede di gravame, la Corte di Appello rigettava la proposta impugnazione, confermando la decisione del Tribunale e, quindi, ritenendo la validità dell’atto introduttivo del primo giudizio avanzato dalla società incorporata, poiché la fusione, in conformità a quanto disposto dall’art. 2504 bis cod. civ., costituisce una mera vicenda evolutivo-modificativa dello stesso soggetto, il quale permane e conserva la propria identità, anche se in un diverso assetto organizzativo.
Tale conclusione non è stata condivisa dal Supremo Consesso, il quale – evidenziando che la società incorporata ha cessato da lungo tempo i propri organi amministrativi dalle funzioni di legale rappresentanza - ritiene che la stessa società incorporata sia priva di capacità e legittimazione ad agire poiché estinta.
Nonostante tale statuizione, la Corte di legittimità, nella sua massima composizione, rigetta il ricorso presentato dalla incorporata, rilevando che, nel corso del giudizio di primo grado, la società incorporante è utilmente intervenuta, facendo propria la domanda iniziale e, così, ottenendo l’esclusione di qualsivoglia nullità del processo, sia per la prefata natura meramente modificativo-evolutiva della fusione, sia per la sopravvenuta costituzione nella causa.
Le Sezioni Unite, conformemente alle disposizioni dettate dal Codice Civile, nonché a quelle derivanti dal diritto comunitario (cfr. direttiva 2005/56/CE; Corte di Giustizia, 5 marzo 2015, C-343/13), affermano che non può considerarsi validamente avviato un processo da parte o nei confronti di una società incorporata.
Tuttavia, la Suprema Corte chiarisce che non si perverrebbe al medesimo assunto qualora la fusione sia sopraggiunta, ossia si realizzi nel corso del giudizio. In tal caso, si tratterebbe, infatti, ai sensi dell’art. 2504 bis cod. civ., di una prosecuzione dell’incorporante in tutti i rapporti giuridici delle società incorporate, anche processuali, così da evitare l’applicazione dell’interruzione del processo in caso di fusione di società.
Lo Studio legale Nomos ha predisposto n. 3 brevi prospetti che riassumono e chiariscono i principali provvedimenti e aiuti introdotti (i) dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, rubricato "Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19" e sinteticamente denominato “Cura Italia” (di seguito “Decreto”) e (ii) dai successivi interventi normativi e regolamentari.
In particolare:
1) il primo prospetto individua gli incentivi fiscali introdotti dal Decreto e evidenzia i casi di sospensione degli obblighi di versamento di tributi e contributi e di altri adempimenti fiscali;
2) il secondo prospetto si concentra sulle misure a sostegno dei lavoratori e delle aziende per la difesa del lavoro e del reddito, specificandone le relative procedure e condizioni di accesso; e
3) il terzo prospetto offre una dettagliata descrizione dei provvedimenti volti a sostenere la liquidità delle famiglie e delle micro, piccole e medie imprese, tramite il sistema bancario e l’utilizzo del fondo centrale di garanzia e delle rispettive procedure di accesso. A tal ultimo riguardo, vogliamo consigliare a tutti i beneficiari di un mutuo e/o di un finanziamento di rivolgersi alla propria filiale per ricevere consigli o suggerimenti circa l'eventuale sospensione degli stessi.
Al fine di combattere il fenomeno della “fuga dei cervelli”, il nuovo art. 13-ter del Decreto fiscale 2020, rubricato “Agevolazioni fiscali per i lavoratori impatriati”, anticipa all’anno di imposta in corso le agevolazioni fiscali per tutti coloro che, a decorrere dal 30 aprile 2019, trasferiscono la residenza in Italia.
A partire dal 1° luglio 2020, ai commercianti e ai professionisti, i cui ricavi e compensi riferiti all’anno d’imposta precedente non eccedano l’importo di 400.000 euro, verrà riconosciuto un credito d’imposta pari al 30% delle commissioni addebitate per transazioni effettuate con carte di pagamento.